martedì 4 settembre 2018

In memoria del professor Todini

   
Ho visto il video senza l'audio e mi sono abbandonato ad un commento vigliacco e banale: il dato positivo della faccenda - ho detto - è che ne avremo uno in meno fra i piedi. Poi ho attivato il sonoro e ho realizzato che il camerata in questione rispondeva al nome di Giampiero Todini, per anni docente di Storia del diritto italiano all'Università di Sassari. Era tra i meno temuti della facoltà, aveva un contegno assai poco baronale, mediamente più disponibile dei colleghi al colloquio con gli studenti, che di norma non massacrava in sede d'esame.
Lo sdegno sui social è scontato: indignazione da una parte, appelli al senso di umanità dall'altra: "Non avete rispetto neppure ma i morti"; "Se invece avessero cantato Bandiera Rossa avreste reagito diversamente"; "Era comunque un grande uomo" e via di questo passo. Non ho citato letteralmente ma il senso complessivo delle esternazioni sul web era di questo tenore.
In risposta a questo secondo gruppo di commenti vale la pena ricordare che la pietà che si prova per i morti non comporta una rivisitazione in chiave revisionistica della fede politica che  professarono da vivi. 
Quanto alla legittima indignazione degli antifascisti, un leopardiano nichilismo ci dovrebbe consolare. Confinati tra un infinito nulla che ci precede e un immenso dopo che implacabile ci attende, ciascuno di noi chiuda la propria parentesi con la carnevalata che più gli piace: la Natura poco si cura degli imperi millenari, dei destini di questa specie infestante che si autoproclama sapiens, del nostro orgoglio e della nostra miseria, del desiderio di gloria immortale, dei saluti romani e della goffaggine marziale esibita dalle teste rapate e vuote.

mercoledì 14 febbraio 2018

Aspettando il quattro marzo/2

Da spettatore non sempre attento ho l'impressione che questa campagna elettorale veda una strana e trasversale polarizzazione: poche persone competenti, che sanno ciò che è bene e che oggettivamente si deve fare, contro una massa di zoticoni analfabeti, vittime potenziali di demagoghi e sobillatori, spacciatori di ricette per un radioso futuro, gente che non frequenta i salotti, si occupa poco di diritti civili e molto di cose concrete, come se i corpi migliaia di migranti in fuga dalla guerra annegati a due passi da casa non fossero una tragedia visivamente concreta, orrendamente percepibile anche dalle spiagge frequentate dalla gente, come se morire con dignità e rifiutare il dolore - il dolore che fa urlare e maledire non quello dei filosofi e dei teologi - o, viceversa, accettarlo come viatico per un domani ultraterreno di sconfinate felicità sia una questione oziosa e accademica. 
Salvini, con la sua stessa presenza, barba incolta, vestito come un impiegatuccio scapolo che la domenica mattina va a trovare la vecchia mamma e con le sue uscite idiote - l'anagrafe antifascista come l'anagrafe canina - è una garanzia di affidabilità; non promette niente perché sta già dando sé stesso,  lui è ciò che il suo elettore tipo chiede e sa di essere, volgare, incattivito, rancoroso; parla al ventre e al bassoventre, usa un italiano scarnificato, cavalca tutto ciò che è politicamente scorretto e si attesta sistematicamente al di sotto dei livelli minimi di buona creanza.  
Altro esempio di populismo deteriore: Giorgia Meloni e la boutade sulla rimozione di Cristian Greco dalla direzione del museo egizio di Torino. La sua imperdonabile colpa? Sconti per i visitatori di lingua araba, che a Torino costituiscono un segmento di mercato appetibile. Naturalmente non rimuoverà nessuno perché il Governo non ha il potere di farlo neppure se Fratelli d'Italia dovesse diventare il primo partito dopo il quattro marzo. In ogni caso meglio non fidarsi troppo: la volontà di epurare scavalca competenze e procedure. Arabo non coincide con islamico, ma è un dettaglio sul quale si può sorvolare perché la becera demagogia fa cassa su un presunto e mal compreso sentimento identitario che non bada a certe sottigliezze.
Sembrerebbe quindi che questa campagna elettorale veda la rivincita del populismo malato ( lo preciso, perché credo che possa esistere un populismo sano, che si fonda sulla consapevolezza della contrapposizione tra popolo e classi dominanti) sui tecnici, che pure hanno delle delle responsabilità enormi sulla rivincita dell'intolleranza e del razzismo. Non sarà certo un caso che Salvini sbandiera l'abolizione della legge Fornero, ipotesi più che giusta in termini di equità sociale, ma che si accompagna ad altre promesse meno rassicuranti - ronde ed espulsioni in massa di migranti - che ascrivono il movimento salviniano alla consolidata tradizione xenofoba della Lega. 







lunedì 5 febbraio 2018

Aspettando il quattro marzo/1

Vivo un periodo elettorale anomalo: per la prima volta dopo tredici anni di militanza potrò svolgere il ruolo di elettore consapevole, una capitis diminutio, almeno rispetto al frenetico andirivieni che mi ostinavo ad identificare come impegno. Bisognava preparare le liste per tempo, come prescriveva lo statuto del mio partito di allora, facendo attenzione inserirvi i nomi giusti, cioè quelli che avrebbero dovuto portare i voti, tanti ma non troppi da rischiare di scalzare, in caso di improbabile elezione, i candidati interni; poi la raccolta delle firme, la presentazione della lista e finalmente la campagna elettorale, attaccare manifesti che nessuno avrebbe visto, fare il giro dei paesi, presenziare a tutte le iniziative almeno per provare a riempire sale e piazze. Un occhio sempre rivolto ai sondaggi e l'ossessione del quorum da raggiungere. Poi arrivava il deludente dopo, che chiamavamo ampollosamente analisi del voto, in cui ritualmente ci chiedevamo dove avessimo sbagliato. Le risposte abbondavano sempre e mai nessuna mi convinceva, neppure quelle che potevo dare io. Seguivano defezioni di delusi e silurati, con annessi cambi di casacca. 
Questa volta è un pò diverso. Non ho più tessere di partito, non è bello ma cerco di fare di necessità virtù. 
Andrò a votare e non ho avuto mai la tentazione di non andarci; non voterò scheda bianca e non la farò annullare. Forse ha ragione chi pensa e dice che votare non serve a nulla. Magari è pure vero ma neppure il non farlo serve a qualcosa. In ogni caso io proprio non ci riesco a dirmi completamente deluso, ad ammettere che sono tutti uguali: sarebbe come alzare bandiera bianca e firmare la dichiarazione di resa incondizionata.
Voterò dunque, come ho sempre fatto, ma senza attendere né impartire ordini di scuderia. La solitudine politica ha almeno il vantaggio di conferire libertà e quindi responsabilità.


domenica 2 luglio 2017

Tette al vento e libertà

Ho visto una parte del concertone di Vasco, di cui non sono fan, alla TV, come hanno fatto del resto cinque milioni di persone.
Più di tutto mi ha catturato la mia attenzione, e credo non solo mia, l'immagine di una ragazza a seno nudo seduta a cavalcioni sulle spalle di un nerboruto e fortunatissimo compagno. 
A fronte della preoccupazione, certo legittima, che un evento così massiciamente partecipato potesse far gola ai cupi spacciatori di morte e verità, l'esibizione manifesta della nudità femminile assume quasi un connotato di natura ideologica: uno schiaffo ai talebani d'ogni credo, anche a quelli di casa nostra, e ai vecchi tromboni stonati che in altre occasioni non avrebbero perso tempo a contrapporre il nostro occidente civile alla barbarie retrograda del fondamentalismo, dimenticando che una delle cifre che distingue noi da loro non è il credere in un Dio che si immagina più buono ma il privilegio di non provare senso di colpa per il proprio corpo. 

sabato 3 dicembre 2016

In sintesi le ragioni del mio convinto NO.

La prima ragione è che la vittoria del NO sarà una sconfitta politica per Matteo Renzi che sulla giornata di domani ha scommesso molto. Dal momento che penso che il Presidente del Consiglio sia un pericolo pubblico e un danno per una parte dell'Italia, prima ce ne liberiamo meglio è. Lo strumento del referendum va comunque bene. Questa ragione, da sola, sarebbe determinante, e pazienza se abbiamo imbarcato feccia come Casa Pound e Salvini. Una cosa per volta: cacciato via Renzi penseremo a tutto il resto.


Il secondo motivo è che le ragioni addotte dai sostenitori del SI sono inconsistenti: se vincono non ci saranno più posti di lavoro, l'accesso alla sanità non sarà più semplice, le aziende continueranno a fare i loro comodi alle spalle dei lavoratori, le pensioni da fame rimaranno tali e via così tragicamente enumerando.


Nel merito, io sono per il
 NO p
erchè a me la Costituzione va bene così com'è. Certo può essere riformata, ma nella direzione opposta rispetto ai tentativi degli ultimi anni, nel senso cioè di una costante e inesauribile approssimazione verso l'uguaglianza sostanziale delle condizioni materiali di esistenza.








mercoledì 14 settembre 2016

Dio o modernità




                                                                                                     
Parigi, Nizza, Bruxelles, più svariate carneficine in giro per il mondo che non fanno notizia perché non ammazzano vacanzieri cristiani bianchi e benestanti. Perché dunque l'Islam riesce a mostrare sempre il suo volto peggiore? Azzardo un sospetto, politicamente scorretto e trasversalmente sgradito: il monoteismo pretende l'esclusività, si identifica con la verità, una verità talmente grande e bella, così densa di promesse ultramondane da far impallidire le piccole verità umane, le modeste, contingenti, verità fattuali
Non penso che l'Islam sia meno propenso al dialogo di quanto lo sia il Cristianesimo, anzi, i seguaci del profeta dovranno percorrere molta strada per eguagliare le sue vette di crudeltà. Il Cristianesimo è stato addomesticato. L'illuminismo e la secolarizzazione hanno spento il cerino nella mani dell'inquisitore. Se oggi fosse ancora possibile imporre la fede cristiana con la violenza e difenderla con la tortura le minacce di sanzioni terrene, coi roghi, le pubbliche abiure, i sambenito e via dicendo, si asterrebbero dal farlo? Il dubbio è legittimo: fino a che le è stato consentito, la Chiesa ha trasfuso le verità di fede nei codici e nelle costituzioni e preteso che lo stato fungesse da braccio secolare.  
In questi giorni di sterile polemica estiva qualcuno ha ricordato che le suore cattoliche indossano abiti casti quanto e più delle donne islamiche che nascondono il proprio corpo agli impuri desideri maschili. E basta fare un giretto nei nostri paesi dell'interno per vedere donne che indossano a vita il nero in memoria di lutti lontanissimi. Ricordano da vicino le fedeli iraniane
Naturalmente c'è un dato che non va mai trascurato e dovrebbe fare la differenza: se la donna, cattolica, islamica ebrea o atea che per ragioni religiose o culturali desidera spontaneamente sottrarsi alla vista degli uomini e fustigare la propria femminilità, ebbene l'ordinamento dovrebbe ritenere indifferente questa scelta, facendo salvo l'obbligo di non nascondere il volto, prescrizione dettata da evidenti ragioni di ordine pubblico. 
Il confronto, dunque, non è tra un Islam radicale e uno moderato, e men che meno tra Cristianesimo e Islam, ma tra una società laica, democratica, egualitaria, libertaria e un modello di società teocentrica.  Dio deve essere lasciato fuori dal discorso pubblico ed è proprio quello che sta accadendo in Occidente pur tra mille tentennamenti. Viviamo in un mondo che non è senza Dio, ma in un mondo che ha imparato a vivere, usando le parole del filosofo Ugo Grozio, etsi Deus non daretur
Di gran lunga preferisco il nostro cristianesimo annacquato e contaminato di secolarizzazione, forse anche ipocrita e indifferente alle reali esigenze spirituali dei fedeli, lontanissimo dalle scritture e dai precetti evangelici, piuttosto che il messaggio delirante di un islam guerriero e intransigente che proprio in virtù della sua contrapposizione alla modernità laica e senza Dio fa proseliti nelle periferie esistenziali di un Occidente non più sazio e sempre disperato.







In memoria del professor Todini

     Ho visto il video senza l'audio e mi sono abbandonato ad un commento vigliacco e banale: il dato positivo della faccenda - ho de...