lunedì 20 aprile 2015

Non dimenticare Genova!

L’Italia, devotamente solerte nei compiti a casa imposti dall’Europa in materia economica e finanziaria, si mostra piuttosto restia ad accogliere alcuni principi di civiltà giuridica che dovrebbero caratterizzare un paese che voglia definirsi pienamente civile.
I fatti di Genova del 2001 sono noti, e proprio il comportamento delle forze di polizia in quell'occasione ha esposto l’Italia al discredito internazionale. Per due giorni di fila la costituzione repubblicana è stata di fatto sospesa. Dalla fine della seconda guerra mondiale mai era accaduto che la violenza poliziesca si scatenasse con tanta furia su centinaia di persone contemporaneamente e nello stesso luogo. Qualche giorno fa, tra l’indignazione dei fogliacci di destra e i troppi distinguo della sinistra di governo, l’Italia è stata condannata per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani che prevede il divieto dei trattamenti disumani e degradanti. La macelleria messicana di quattordici anni fa, verità giudiziaria e storica allo stesso tempo, sarebbe di per se un fatto di indicibile gravità, tale da indurci a riflettere sulla solidità delle istituzioni democratiche. Invece alla brutalità del massacro si aggiungono considerazioni volte a giustificare l’ingiustificabile e la celebrazione acritica e rituale delle forze di polizia, sempre accompagnata dalla citazione delle righe di Pasolini sui fatti di Valle Giulia.
L’introduzione del reato di tortura è, quindi, necessaria ma insufficiente: è noto, infatti, che la creazione di nuove fattispecie di reato o l’inasprimento delle pene per quelle già previste difficilmente funziona da deterrente se non accompagnato da altre misure. In questo caso potrebbero risultare utile elementi di riconoscibilità nelle uniformi degli agenti in servizio nelle manifestazioni e un controllo più stringente da parte della magistratura.
Soprattutto, ragionando in una prospettiva di medio periodo, sarebbe opportuno investire sulla formazione delle forze di polizia, che dovrebbero selezionare con maggiore severità i candidati, prestando particolare attenzione al loro profilo psicologico, in modo da escludere a priori i soggetti in cui si si possa intravvedere una marcata propensione alla violenza: operazione tutt'altro che semplice ma indispensabile se non si vuole cedere a facili e ingenerose generalizzazioni.

In memoria del professor Todini

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